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Salsicce e fuochi pirotecnici

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SALSICCE E FUOCHI PIROTECNICI

Quale connessione possa esserci tra i due soggetti indicati nel titolo non è tanto facile da spiegare. Ma la mia settuagenaria esperienza mi ha portato a fare subito una prima e netta distinzione: tra i botti causati dai bombardamenti e quelli causati dai fuochi pirotecnici alla festa del Santo Patrono del paese. Ad Agropoli, città del Cilento antico, dove vivo da alcuni decenni, i Santi sono parecchi. Ognuno ha la sua bella chiesa che accoglie i fedeli e dove si celebrano battesimi, prime comunioni, matrimoni e funerali. Un servizio per la cittadinanza dei credenti dalla nascita alla morte corporale. Sopra Agropoli, nel centro storico o città alta, ci sta la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, Patroni del paese, nella quale il 16 maggio di quarantuno anni fa, cioè nel 1970, convolai a giuste nozze con mia moglie che sta già dormendo da due ore, mentre io soffro d’insonnia notturna. Sempre nel centro storico, prospiciente sul mare, la Chiesa della Madonna di Costantinopoli, Patrona e protettrice dei pescatori, non di frodo, naturalmente. Dirimpetto la chiesa di San Francesco, con l’antico convento, sulla strada che porta a Trentova. Poi ci sta la Chiesetta della stazione, quella del Sacro Cuore, che ricorda la bellissima figura di Padre Giacomo e di Don Alfonso, che ebbi l’onore di avere come collega insegnando a Capaccio. Al centro della città la Chiesa della Madonna delle Grazie e nelle due estreme periferie la Chiesa della Madonna del Carmine e quella di Sant’Antonio che mi sembra sia la più recente. Dopo questa ampia introduzione…ecclesiale, avendo omesso le chiese minori, aggiungiamo che tutte queste comunità di devoti, almeno una volta l’anno, fanno una festa. Suoni, cantanti, bancarelle e…fuochi artificiali. Non si bada a spese. Il contributo dei credenti va in…fumo. Ed una volta a Trentova anche in fiamme che per poco non si sfiorò la tragedia. I fuochi di nuova generazione, al fosforo, mi sembra, quando vengono sparati “abbascio a marina”, vicino al porto, cadono sulle acque del mare e poi esplodono. I pesci, ricordando lo sbarco alleato del 1943, si vanno a rifugiare sotto gli scogli, sotto le barche e qualcuno sotto la sabbia. Sono sani come un pesce, ma dopo i fuochi si ammalano, e dalla muta passano direttamente alla mutua. Verso l’una e mezza di notte, indigeni e villeggianti, ospiti del nostro paese, volgarmente definiti bagnanti, proprio perché vengono ad Agropoli per fare i bagni, dopo il finale fanno l’applauso ai fuochisti per la loro bravura. Inutile aggiungere che anche i fuochi pirotecnici, come i pelati, vengono spesso dalla Cina. Ma in tempo di globalizzazione, con la botta, diventano napoletani pure loro, come la pizza margherita. Per fare festa alla festa si spendono ogni anni migliaia e migliaia di euro solo per fare contenti gli amanti dei fuochi pirotecnici, i nottambuli, quelli che della festa del Santo Patrono gradiscono solo i fuochi pirotecnici, le bancarelle, il torrone o la cantante famosa sul palco della piazza o del porto che per aver cantato una dozzina di canzoni, spesso registrate, percepisce altre migliaia di euro. A questo punto la domanda al solito lettore attento ed oculato, sorge spontanea: “ La Spiritualità dove sta???” Non si sa. Sia ben chiaro che non si sa nemmeno dove ai fuochi artificiali preferivano il barbecue con la salsiccia o la bistecca, con un bel panino, il tutti annaffiato con un bel bicchiere di vino. Uno alla volta, senza contare la somma totale. Per digerire: la balera, con l’orchestrina del paese composta da una fisarmonica, una chitarra, una batteria e, magari, anche un cantante di quelli non famosi che vanno alle feste anche solo per devozione. E dove avveniva tutto questo? Nel comune di S.Francesco al Campo, dedicato al Santo Poverello d’Assisi. In provincia di Torino, nel Canavese, dove ho insegnato per circa quindici anni, proprio sotto la pista di decollo dell’aeroporto di Caselle, dove gli aerei passavano, in fase di decollo, a bassa quota e quindi potevano anche essere disturbati dai fuochi artificiali. Annoto, per il lettore pignolo, che questo avveniva anche per molti paesi del Piemonte sprovvisti di aeroporti e pista di decollo. Ho deciso di scrivere questo articolo proprio perché la settimana scorsa è esplosa una fabbrica di fuochi artificiali causando morti e feriti. Un lavoro senza dubbio pericoloso fatto da appassionati di fuochi artificiali che saranno senza dubbio degli artisti veri e propri nel loro mestiere. Ma mettono a repentaglio la loro vita solo per portare a casa uno stipendio dignitoso, guadagnato onestamente, ma rischiando sovente la vita per un lavoro – divertimento, per i fruitori finali. Quando leggo queste notizie mi rattristo. Sono di origini napoletane e Napoli è la città principe nel genere. Ma, in conclusione penso, che se anche nella città partenopea i botti ( famosi quelli di capodanno che spesso procurano morti e feriti) venissero sostituiti dalla salsicciata o, in alternativa, dalla pizza, e da un buon bicchiere di vino di Gragnano, i risultati sarebbero meno pericolosi, faciliterebbero la socializzazione, affratellerebbero i popoli, anche se qualche fanatico dei “botti di capodanno” si asterrebbe dal festeggiare. Fino a qualche anno fa plaudivo ai fuochi artificiali, poi sono passato ai fuochi del barbecue con la grigliata di carne, adesso, a settanta anni, sono passato alla preghiera, alla solidarietà ed alle opere di bene nei confronti del prossimo che ha più bisogno d’amore che di botti.

Catello Nastro


PUBBLICATO SULL N. 35 DEL 1 OTTOBRE 2011
DI “UNICO SETTIMANALE” DI PAESTUM



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